La finanza climatica è al centro della Cop29, la Conferenza delle Nazioni unite sul clima, che si concluderà il 22 novembre a Baku, in Azerbaijan. I circa duecento Stati del mondo che partecipano ai negoziati dovranno accordarsi sulla somma da trasferire ogni anno, a partire dal 2025, ai Paesi in via di sviluppo (così definiti al Summit della Terra di Rio de Janeiro nel 1992), per il taglio delle emissioni di gas serra e l’adattamento: il New collective quantified goal. A oggi, la cifra concordata è di 100 miliardi di dollari all’anno, ma la questione è anche chi deve contribuire. La richiesta di molti Stati in via di sviluppo sarebbe un trilione all’anno entro il 2035, mentre i Paesi sviluppati non hanno ancora proposto nessun numero e, soprattutto, vorrebbero che a contribuire fossero anche le economie emergenti, come la Cina e gli Stati del Golfo: Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, tutti considerati “in via di sviluppo”. La Cina oggi è al primo posto per emissioni di gas serra e rappresenta la seconda economia globale, dopo gli Usa. Altre perplessità sono invece legate al Paese ospitante, l’Azerbaigian devastato dalle attività estrattive di gas e petrolio che sta continuando ad aumentare la produzione di gas, nonostante si fosse impegnato a ridurre le sue emissioni di gas serra del 40% entro il 2050. Su quel gas, tra l'altro, l’Unione europea è la prima acquirente.
“In questo nuovo appuntamento della Conferenza delle Nazioni unite sul clima troviamo i soliti elementi di criticità - commenta Francesco Turrà, responsabile politiche ambientali Uisp - una organizzazione non sostenibile dell’evento, dalla location alle modalità di arrivo e partenza, in un contesto già di per sé poco incline alla sostenibilità, essendo l’Azerbaigian uno dei maggiori produttori di petrolio. Come nel caso dell’Arabia Saudita, anche qui le dinamiche riguardanti un effettivo abbandono dei combustibili fossili non solo sono propaganda, ma in certi casi anche avversate e ritenute non necessarie. Il presidente dello stato ha, infatti, definito il petrolio un dono di dio. Come segnalato dal quotidiano Repubblica, lo stato mira ad aumentare del 17% le forniture di gas all’Europa”.
Quello che la Uisp auspica è che si riparta dallo sport: “L’integrazione sociale e la cooperazione sono elementi fondamentali per affrontare efficacemente l’emergenza climatica - conclude Turrà - lo sport promuove sempre e comunque il rispetto per l’avversario e la cooperazione, prima che la competizione. Sono proprio questi due principi che bisogna diffondere. Inoltre, lo sport mette al centro la prestazione anziché il risultato: in un contesto dominato dalla mercificazione delle cose, cui lo sport sociale e di base nonostante tutto resiste, diffondere questo concetto diventa un'arma indispensabile per mettere al centro l’azione e non il risultato, al fine di avviare un percorso necessario e ormai non più rimandabile”.
Alla Cop29, inoltre, non parteciperanno Biden, von der Leyen, Putin, Lula e mezza Europa, di conseguenza a Baku è assente anche l’impegno a eliminare i combustibili fossili: “L’elezione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, le cui posizioni negazioniste sul clima sono conosciute da tutti, è un ulteriore elemento di sfiducia sui risultati raggiungibili: il neo eletto presidente ha già dichiarato la sua volontà di venire meno agli accordi di Parigi. Ma anche diversi governi nazionalisti europei, tra cui malauguratamente il nostro, sono esplicitamente negazionisti del cambiamento climatico, unica eccezione Pedro Sanchez, che ha dichiarato che l’alluvione di Valencia non si sarebbe verificata in queste modalità in altre condizioni climatiche. I costi della transizione e della riduzione di emissioni rientrano nell’ordine di migliaia di miliardi, infatti, oggetto della COP sarà la finanza energetica, tuttavia i fondi destinati a tali scopi, sempre su base volontaria delle grandi multinazionali, sono già diminuiti negli ultimi due anni e resta tutt’ora aperto il problema di come gli stati intendano effettivamente agire per affrontare questi costi. A questo riguardo sarà interessante la COP30 in Amazzonia dove i paesi BRICS-Brasile, Russia, India e Cina potrebbero sovvertire il predominio occidentale americano-europeo”.
Da segnalare anche una forte repressione degli attivisti climatici nei mesi precedenti questo appuntamento: l’Azerbaijan è formalmente una repubblica democratica, ma lo stato è di fatto una dittatura e nei mesi precedenti la manifestazione ha represso con la violenza qualunque forma di protesta contro la mancanza di un effettivo intento di favorire la transizione ecologica”.
“L’Azerbaigian si appresta a ospitare una conferenza internazionale sulla giustizia climatica proprio mentre sta colpendo i principali pilastri dell’attivismo climatico, reprimendo ogni forma di critica e di protesta e smantellando la società civile locale. Le autorità azere hanno imprigionato centinaia di persone con accuse politiche per aver osato prendere la parola: giornalisti, attivisti e difensori dei diritti umani sono detenuti arbitrariamente, in violazione del diritto al giusto processo e senza alcuna garanzia di ricevere un processo equo”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. (A cura di Elena Fiorani)
(Foto: pagina Facebook COP29 Azerbaijan)